Intervista all'ex parroco di Selva Candida

Posted by Nic on 06:31


ROMA - «Non so che dire. Sono stupefatto», è il commento di don Ruggero Conti alla richiesta di dieci milioni di risarcimento danni avanzata contro di lui da una delle sue presunte vittime. Don Ruggero Conti è tornato libero da un anno e trascorre in un convento le sue giornate pregando e meditando. «Ho saputo oggi della richiesta di risarcimento per i danni. Devo capire cosa è successo. Perché mi chiedono tanti soldi. La mia vita è sconvolta. Ma sono sicuro che questa storia terminerà con l’assoluzione».

Come vive la sua vicenda giudiziaria?«Sto male. Sarei bugiardo a raccontare che la mia esistenza è normale, che le mie giornate sono serene, che tutto è tranquillo. Soffro. Certo, ho fede in Dio. E questo mi aiuta. Ma le accuse che mi sono state rivolte mi hanno ferito in modo profondo. Sono accuse false. Io quelle cose non le ho mai fatte». Ma centinaia di persone della parrocchia di Selva Candida non l’hanno mai abbandonata. «Il loro sostegno è stato fondamentale. Senza la loro presenza mi sarei perso. Talvolta sono stato anche sfiorato dal pensiero del suicidio. Non è un delitto ammettere una debolezza così grave. Poi però ho superato le mia depressione, grazie ai miei amici e alla mia fede. Soprattutto a darmi sostegno e fiducia sono stati i detenuti di Regina Coeli». Come ha vissuto la detenzione?«Tredici mesi duri e intensi. Però con i compagni di cella e con i secondini avevo stretto un rapporto meraviglioso. La sera cantavamo e loro pregavano per me. Spesso poi ero io a sostenere loro. Non posso dimenticare i loro drammi e al tempo stesso la loro comprensione per la mia tragedia. Un giorno in carcere sono mille autunni fuori. Loro sono i primi a credermi. E questo conferma la mia buona fede. I detenuti sanno distinguere chi si macchia di certi delitti cosi atroci da invece non può averli commessi». Sette ragazzi la accusano di fatti gravi. Come lo spiega?«Non trovo una ragione. Però sono certo che arriverà l’assoluzione. D’altronde se fossi colpevole le persone che vivevano accanto a me se ne sarebbero accorte. Ed invece eravamo un gruppo unito, una parrocchia splendida. Mi mancano tutti. e spero che presto potrò tornare a fare il mio lavoro. Di rientrare a Selva Candida e di tornare all’Assisium».


G. De San.


Fonte: "Il Messaggero"